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By Giusva 16 Settembre 2008 In Sorseggiando the, Un blog dove scrivere... qualcosa di me!

I bimbi al Carrefour

Tutti, ma proprio tutti tutti, diventiamo genitori e sentiamo il dolore condiviso da una mamma quando leggiamo cose come queste (riporto solo un estratto, ma vale la pena leggerla):

Vestito di tutto punto con la sua maglietta di Cars, comprata DA VOI, oggi l’ho portato, emozionatissimo, ad Assago. […] Chiaramente, il mio biondino, che purtroppo per la sua malattia non parla (ancora), mi ha fatto capire a gesti che gli sarebbe piaciuto. Per quale ragione non farlo? […] 

Arriva il turno del mio piccolo, e non appena varca la transenna, resta il tempo di ben DUE SECONDI girato verso il suo idolo a grandezza naturale, invece di fissare l’obiettivo del fotografo. Mi abbasso, senza dar fastidio alcuno, scivolo sotto la corda e da davanti, chiedo a mio figlio di girarsi. Il fotografo comincia ad urlare “Muoviti! Non siamo mica tutti qui ad aspettare te” Mio figlio si gira, ma non abbastanza secondo il “professionista”. Gli chiedo “Per favore, anche se non è proprio dritto, gli faccia lo stesso la foto…” “Ma io non ho mica tempo da perdere sa? Lo porti via! Vattene! Avanti un altro, vattene!” Un bambino a lato urla “Oh, mi sa che quello è scemo” e il vostro Omino del Computer, ridendo “Eh, si! Vattene biondino, non puoi star qui a vita!”. Mio figlio, che non è SCEMO, non parla ma capisce tutto, sentendosi urlare dal fotografo, da quello che digitalizzava le immagini e dalla claque che questi due individui hanno sollevato ed aizzato, si mette a piangere, deriso ancora dal fotografo che lo fa scendere dal piedistallo di fortuna che avete improvvisato davanti alla macchina, facendolo pure inciampare.

Molti si sono scagliati contro la direzione del Carrefour, ma la colpa non è loro. Se vogliamo ricercare qualcuno di “fisico” potremmo parlare del fotografo, in realtà è solo colpa dell’ignoranza e della superficialità con la quale molti di noi si rivolgono al mondo pensando che qualcosa di non uniformato sia per forza di cose diverso. Vergogna, dunque, a chi ha fatto piangere quel bimbo, la cui unica colpa era l’essere autistico.